Digital Preservation: vantaggi strategici, non solo in termini di sicurezza

Nicola Nardini Digital preservation

La trasformazione digitale ha molte sfaccettature – una sempre più importante è la Conservazione a norma di contenuti digitali, in ambito internazionale conosciuta come Digital Preservation. La disponibilità sempre più diffusa ed evoluta delle tecnologie informatiche, dei device mobili, unitamente ad una connettività sempre più performante, rendono estremamente semplice ed immediato produrre, condividere e quindi accedere a quantità enormi di dati ed informazioni digitali. Tutto ciò ha generato, in pochi anni, un enorme cambiamento che ci ha rapidamente condotto dal vecchio mondo “analogico” a quello “digitale”.

Evidente e di centrale importanza, in questo ambito, riveste la modalità: infatti l’intera produzione di dati ed informazioni, che è in continua e rapidissima crescita, avviene ormai quasi esclusivamente in modalità digitale e rappresenta quindi la preziosa “memoria digitale” di un qualsiasi soggetto, sia esso una persona fisica o giuridica. Nasce quindi la grossa questione di come poterla salvaguardare e proteggere con certezza in maniera che possa essere accessibile, leggibile ed utilizzabile nel tempo, anche a distanza di decenni. E’ proprio con questa finalità che nasce la Conservazione a norma di contenuti digitali: è un processo, piuttosto complesso, che coinvolge vari ambiti multidisciplinari: normativi, organizzativi, tecnologici e procedurali.

Poiché il processo di conservazione digitale viene comunemente percepito come un elevato sforzo organizzativo ed implementativo, ed al tempo stesso il reale valore delle informazioni viene compreso solo in caso di perdita delle stesse, il tema della conservazione viene frequentemente rimandato il più a lungo possibile. Tale decisione rappresenta però un’opportunità sprecata in termini di mancati vantaggi operativi oltre a determinare dei potenziali rischi e maggiori costi.
Nicola Nardini, esperto di gestione, archiviazione e conservazione dei documenti digitali di ewico, spiega alcuni punti chiave fondamentali.

Sig. Nardini, “l’archiviazione digitale” è un sinonimo di “Conservazione digitale” oppure esistono delle differenze?

In effetti, frequentemente, il termine archiviazione viene confuso ed utilizzato impropriamente in luogo del termine conservazione. L’archiviazione riguarda infatti le logiche cosiddette “archivistiche”, calate opportunamente in un mondo digitale: ha l’obiettivo di preservare i files organizzandoli e gestendoli opportunamente in maniera tale da poterli facilmente reperire nel tempo (ad esempio organizzati, classificati e fascicolati all’interno di un Sistema di gestione informatica dei documenti, ecc.). La Conservazione ha invece un obiettivo certamente più complesso e delicato: non si limita “semplicemente” a preservare l’oggetto digitale (denominato documento informatico), ma si prefigge, in aggiunta, la salvaguardia della preziosa informazione contenuta in esso e della sua corretta rappresentazione nel tempo, garantendo le caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità. In altre parole assicura sia il valore storico/archivistico che quello giuridico/probatorio e quindi la “memoria digitale” nella sua interezza.

Perché la Digital Preservation riveste un ruolo fondamentale in azienda ma ad oggi, probabilmente, è un tema ancor poco affrontato e quindi diffuso?

Sappiamo quanto l’informazione per un’azienda rappresenti uno degli asset strategici e quindi di maggior valore. La sua corretta gestione e salvaguardia nel tempo dovrebbero quindi rappresentare una priorità assoluta nel ciclo di vita di un’azienda, ma la realtà dei fatti ci evidenzia che spesso non è così. E non mi riferisco tanto e solo all’attuazione di idonee politiche di backup, ma anche e soprattutto ad una corretta politica di gestione dell’informazione che garantisca le caratteristiche di autenticità, integrità, affidabilità, leggibilità e reperibilità di ciascun atto, fatto o dato rilevante per l’azienda. Consideriamo, come esempio tra i tanti possibili, la problematica legata all’obsolescenza tecnologica e quanto questa possa incidere negativamente nella garanzia di accessibilità e leggibilità dell’informazione contenuta in un documento informatico. Per comprenderne l’impatto cito un caso occorsomi recentemente: a distanza di circa vent’anni sono stato contattato da un vecchio cliente in merito ad una problematica che non era in grado di risolvere: aveva urgenza di visionare il contenuto di alcuni files prodotti diversi anni prima (nella metà anni ’90) in un formato oggi obsoleto (IBM lotus 123). Sebbene il cliente avesse attuato delle politiche di backup e gestione dei files presumibilmente corrette (tant’è che a distanza di oltre vent’anni i files erano ancora disponibili), nella realtà dei fatti non è stato in grado di riprodurre l’ambiente idoneo per l’apertura e lettura di tali files, perdendone il contenuto irreversibilmente. Questo è un semplice esempio che ci fa comprendere come l’informazione digitale posseduta ovvero la “memoria digitale” siano a forte rischio di perdita irreversibile. Affidare la propria memoria digitale ad un processo di Conservazione a norma è certamente il percorso che fornisce le più complete ed idonee garanzie per evitare tali dannose e frequentemente costose perdite. Spesso ciò che manca in azienda, a mio avviso, è proprio una corretta e lungimirante consapevolezza e sensibilità in merito alle possibili conseguenze derivanti da scenari a lungo termine come nell’esempio descritto, ritenendo erroneamente che, tanto, in qualche modo, le tecnologie ci aiuteranno… ma non è esattamente così!

Quindi è importante essere in grado di recuperare le informazioni in modo affidabile, certo e senza ritardi. Ma di quali periodi di conservazione stiamo parlando?

Il tema delicato riguardante il periodo di conservazione deve essere affrontato a due livelli: innanzitutto è necessario riferirsi a quanto indicato dalla normativa in materia che stabilisce, per talune tipologie documentali, un periodo minimo di conservazione (ad esempio 10 anni ma per determinate tipologie documentali addirittura un tempo illimitato). In secondo luogo, esistono numerose tipologie documentali per le quali, invece, non sono previsti specifici obblighi di conservazione. In questi casi andrebbe effettuata un’accurata valutazione in termini di opportunità/necessità per stabilire il più appropriato periodo di conservazione.

Un altro tema certamente sentito e sempre più menzionato riguarda l’Identità digitale: di cosa si tratta e quale relazione ha con il tema della Digital Preservation?

Viene definito con il termine “identità digitale” un insieme di dati, informazioni, attributi attraverso i quali poter risalire ad un soggetto denominato Titolare. Per fare un esempio: le credenziali d’accesso ad un sistema informativo, tipicamente user e password, rappresentano una identità digitale (in questo caso parliamo di firma elettronica semplice). Infatti, al titolare vengono attribuite tutte e sole le operazioni che ha eseguito all’interno del sistema, come se le avesse “firmate” con le proprie credenziali. Un altro esempio noto di identità digitale è la cosiddetta “firma digitale”: è un meccanismo attraverso il quale il Titolare può firmare digitalmente un documento informatico, alla stessa stregua di una firma autografa posta su un documento cartaceo, al fine di assumerne la paternità (in questi casi si parla di sottoscrizione). Un caso reale è la firma che un medico appone su un referto per attestare la diagnosi eseguita. E’ proprio a questo livello che interviene, a pieno titolo, la Conservazione: essa garantisce per un tempo indefinito, l’integrità, l’immodificabilità, l’accessibilità, la leggibilità non solo del file digitale, ma anche dell’informazione contenuta, nonché dell’attribuzione di paternità al titolare avallata dalla firma digitale. In altri termini, con l’applicazione di un processo di conservazione a norma, e solo con esso, si garantisce nel tempo sia l’informazione storico/archivistica che la piena valenza giuridico/probatoria ovvero l’opponibilità verso terzi dell’atto sottoscritto.

Chiarito il significato e l’importanza che riveste la Digital Preservation, qual è il percorso che un’azienda dovrebbe seguire per introdurre, in maniera efficiente ed efficace, un processo di conservazione digitale?

Risulta evidente che affrontare il tema della corretta salvaguardia nel tempo della propria “memoria digitale” non è un’opzione; ciò può avvenire solo attraverso la volontà da parte del management di sviluppare in azienda specifiche competenze e sensibilità in materia, unitamente ad un percorso che introduca un idoneo processo di conservazione a norma.
Il punto di partenza da affrontare è direttamente indicato dalla normativa stessa che prevede, per determinate tipologie documentali, l’obbligo di conservazione (ad esempio i già citati referti medici, la Cartella Clinica Elettronica, oppure la documentazione amministrativo/contabile quali fatture attive/passive, registri aziendali, bilanci ecc. o ancora, per le P.A., il registro di protocollo informatico, ecc.). Un ulteriore step è quello di approcciare al tema della conservazione anche per le tipologie che non prevedono un obbligo normativo: ad esempio la documentazione aziendale che riveste un interesse di carattere “storico” (verbali, documenti attestanti attività decisionali, attribuzioni di deleghe, rapportini d’intervento, ecc. ), oppure atti o fatti di estrema rilevanza che assumono una valenza giuridico/probatoria, a maggior ragione se sottoscritti (contratti, sottoscrizioni, attestazioni, ecc.). Sono tutti esempi concreti, tra i molti possibili, che giustificherebbero di per sé l’esistenza di un processo di conservazione digitale. Purtroppo accade con frequenza che tale documentazione, seppur prodotta originariamente in formato digitale, venga stampata su carta per svolgere attività di gestione e consultazione, ma anche, aimè, per essere così conservata. Tale comportamento, ancora molto diffuso, rappresenta una modalità di gestione dell’informazione aziendale non idonea, costosa e poco controllabile, che dovrebbe quindi essere evitata. Il management aziendale dovrebbe guardare con maggiore fiducia, convinzione, ed un pizzico di lungimiranza ad un tema, quello della conservazione a norma dei contenuti digitali, in quanto, come detto, rappresenta un tassello necessario ed irrinunciabile per una corretta, efficiente ed efficace transizione al digitale.

Molte grazie!